Sì alla revocatoria dell’atto di scissione societaria
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05 Febbraio 2020

Sì alla revocatoria dell’atto di scissione societaria

di MDA
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Corte di Giustizia e Cassazione dicono sì alla revocatoria dell’atto di scissione societaria.

Con sentenza del 30 gennaio 2020, resa nel procedimento C-394/18, la Corte di Giustizia UE ha giudicato conforme alla disciplina europea in materia di invalidità delle operazioni straordinarie, una normativa nazionale che consenta ai creditori di una società scissa di intentare un’azione revocatoria ordinaria per far dichiarare inefficace l’atto di scissione nei loro confronti, qualora i diritti dei creditori siano anteriori alla scissione e gli stessi non abbiano fatto uso degli strumenti di tutela previsti dalla normativa nazionale attuativa della disciplina europea.

La decisione europea giunge in questo modo a risolvere la questione pregiudiziale sollevata dalla Corte d’Appello di Napoli, con ordinanza n. 1033/2018, circa la compatibilità di un’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. di un atto di scissione societaria con il sistema di tutele delineato dagli artt. 12 e 19 della Direttiva n. 891/1982 (oggi sostituita dalla Direttiva n. 1132/2017); direttive che – a livello interno – hanno trovato attuazione negli artt. 2503, 2504 *quater*, 2506 *ter*, ultimo comma, e 2506 *quater*, ultimo comma del codice civile.

Come noto, infatti, le norme codicistiche in tema in invalidità delle operazioni straordinarie mirano a garantire la stabilità patrimoniale delle società nascenti dall’atto trasformativo prevedendo un termine decadenziale molto breve per i creditori della società intenzionati a rendere invalido l’atto: dal combinato disposto degli articoli 2503 e 2504 *quater* c.c. deriva, infatti, che decorsi sessanta giorni dall’iscrizione dell’atto di fusione/scissione nel Registro delle imprese non è più possibile per i creditori proporre opposizione, e l’invalidità non può più essere pronunciata.

Al di fuori del sistema appena delineato, la giurisprudenza era giunta a soluzioni opposte circa l’ammissibilità di diversi strumenti di tutela per i creditori della società scissa, quali appunto l’azione revocatoria sull’atto di scissione.

Un filone giurisprudenziale ne professa l’ammissibilità, muovendo dal presupposto che l’operazione di scissione societaria configura pur sempre un atto di disposizione patrimoniale, mediante il quale la società scissa beneficia uno o più organismi societari nuovi. Da qui, l’assoggettabilità di tale atto di disposizione all’azione revocatoria, che – come noto – consente che “*il creditore* […] ‘possa’ *domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni*”, qualora sussistano le condizioni precisate dalla stessa norma.

Sull’opposto versante, i fautori dell’inammissibilità dell’azione revocatoria tendono a ridimensionare l’elemento patrimoniale del procedimento di trasformazione, ritenendolo secondario rispetto alla finalità primaria della scissione, vale a dire la creazione di un nuovo soggetto di diritto. Secondo tale impostazione, dunque, l’esperibilità dell’azione revocatoria sull’atto di scissione rischierebbe precarizzare eccessivamente i nuovi *asset* societari discendenti dall’operazione, posto che tale azione consentirebbe ai creditori della società scissa di revocare l’atto trasformativo fino a cinque anni di distanza dalla sua iscrizione nel Registro delle imprese.

La Corte di Giustizia, nel motivare le ragioni che l’hanno spinta a preferire l’impostazione favorevole alla sua ammissibilità, ha sottolineato come il sistema di tutele previsto a livello europeo si prefiguri come “*sistema minimo di tutela degli interessi dei creditori della società scissa per i crediti sorti anteriormente alla pubblicazione del progetto di scissione e non ancora scaduti alla data della pubblicazione*”. In quest’ottica, l’articolato della direttiva “*non preclude quindi agli Stati membri di istituire, per quanto riguarda tali crediti, strumenti ulteriori di tutela degli interessi di tali creditori*”.

I giudici del Lussemburgo, soffermandosi sulla natura del rimedio invalidante previsto dalla direttiva europea, hanno inoltre posto l’accento sulla diversità di scopo ed effetti rispetto all’azione revocatoria: mentre, infatti, l’azione di nullità stabilita dall’art. 19 della direttiva “*mira a sanzionare l’inadempimento delle condizioni di formazione dell’atto di scissione, l’azione revocatoria ha per oggetto soltanto la tutela dei creditori cui diritti siano stati lesi dalla scissione*”; “*tale azione [revocatoria] non incide sulla validità della scissione, non comporta la sua scomparsa e non produce effetti nei confronti di tutti*”.

Tale diversità conduce, quindi, i Giudici a ritenere che l’azione revocatoria non rientri nella nozione di nullità contemplata dalla direttiva europea e che, quindi, l’impianto rimediale stabilito a livello europeo non osti ad una disciplina nazionale che ammetta diversi strumenti di tutela tesi a rendere, *non invalido*, ma inefficace l’atto di scissione verso determinati soggetti, vale a dire i creditori della società scissa.

Sempre in senso conforme all’esperibilità dell’azione revocatoria, di recente, si è espressa anche la Corte di Cassazione, con sentenza del 4 dicembre 2019, n. 31654, misurandosi per la prima volta con la *vexata quaestio*.

Anticipando quanto osservato dal giudice europeo nella sentenza in commento, anche la Suprema Corte ha avuto modo di sottolineare come lo strumento di opposizione all’atto di scissione prevista dall’art. 2504 *quater* c.c., introdotto in attuazione alle direttive europee sopra citate, appaia “*pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell’azione revocatoria, strumento di conservazione della garanzia patrimoniale, che agisce sul registro della mera inopponibilità dell’atto al creditore pregiudicato*.”

In questo senso, quindi, la Corte ha precisato che lo strumento di opposizione alla scissione previsto dall’art. 2504 quater c.c., non debba essere considerato “*rimedio sostitutivo e necessario*” quanto “*aggiuntivo rispetto all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, di cui sussistano i presupposti*”.

In questo senso v. Corte d’Appello di Venezia, sent. n. 2969 del 27.12.2017; Tribunale di Pescara, sent. 17.05.2017; Corte d’Appello di Napoli, sent. n. 4080 del 17.10.2015.

L’orientamento avverso all’esperibilità della revocatoria dell’atto di scissione si trova espresso in: Corte d’Appello di Roma, sent. n. 2043 del 27.03.2019; Corte d’Appello di Catania, sent. n. 1649 del 19.9.2017.

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