Pillola di Societario M&A n. 2
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12 Giugno 2020

Pillola di Societario M&A n. 2

di MDA
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Estinzione della Società: i rapporti attivi sopravvivono?

Un recente provvedimento del Tribunale di Roma, emesso in sede cautelare (Tribunale Roma, 8 aprile 2020, nel procedimento R.G. n. 8159/2017), ha esaminato la questione relativa alla sorte dei crediti facenti capo ad una società, in caso di estinzione della stessa, dettando le condizioni al ricorrere delle quali i crediti possono sopravvivere all’estinzione ed essere coltivati dal soggetto individuato come successore.
Come noto, la fase di liquidazione ha la finalità di regolare i rapporti giuridici pendenti in capo alla società. Tuttavia, si dà il caso che alcuni rapporti attivi o passivi non siano definiti nell’ambito della procedura di liquidazione, perché trascurati (c.d. residui non liquidati) o semplicemente non conosciuti (c.d. sopravvenienze) dal liquidatore.
Cosa succede a tali rapporti, una volta che la società sia stata cancellata e si sia conseguentemente estinta?
La Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013 resa a Sezioni Unite, ha sancito il principio generale per cui i suddetti rapporti non rimangono adespoti: infatti, qualora l’estinzione della società, per effetto della cancellazione, non determini il venir meno di tutti le posizioni giuridiche facenti capo alla società stessa, si verifica un fenomeno successorio a favore dei soci, tale per cui:
(i) i soci rispondono dei debiti della società, nei limiti di quanto riscosso in esito alla liquidazione – nel caso di società di capitali (come espressamente previsto dall’art. 2495 c.c.) – oppure illimitatamente – nel caso di società persone;
(ii) agli stessi soci si trasferiscono, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta ma non “le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato”.
Mentre in tema di rapporti passivi è consolidato il principio per cui, in caso di estinzione di una società̀ di capitali, i soci rispondono dei debiti sociali soltanto a condizione e nei limiti di quanto percepito in sede di liquidazione (Tribunale di Roma, 14 aprile 2020, n. 6074), con riferimento ai rapporti attivi non è per nulla pacifica l’interpretazione dell’affermazione delle Sezioni Unite relativa alle “mere pretese” e ai crediti “incerti o illiquidi”.
Meno problematica è la soluzione per i diritti reali: si è, infatti, ritenuto che un immobile gravato da ipoteca, ancora intestato ad una società estinta, in virtù del fenomeno successorio, divenga di proprietà dell’unico socio, a far data dal giorno di cancellazione dal registro delle imprese (Tribunale di Milano 10 aprile 2017, n. 4088).
Con riferimento, invece, alle c.d. mere pretese (nozione piuttosto generica, ma idonea a ricomprendere tutti i crediti litigiosi), si è affermato che le stesse debbano reputarsi rinunciate, qualora il liquidatore non abbia posto in essere un’attività gestoria, giudiziale o stragiudiziale, necessaria alla loro inclusione nel bilancio.
Il recente provvedimento del Tribunale di Roma affronta proprio tale fattispecie, in relazione ad un credito risarcitorio connesso all’esperimento di un’azione sociale di responsabilità nei confronti di alcuni amministratori di società, la quale si era estinta in pendenza del giudizio. Il Tribunale di Roma sottolinea che l’aver avviato un giudizio per azionare il predetto credito da parte del liquidatore, quando la società era già in liquidazione, manifesta ex se una chiara volontà del liquidatore stesso di ‘gestire’ tale credito; credito il quale, pertanto, non può dirsi rinunciato per effetto della cancellazione della società. Conseguentemente, i soci sono legittimati a subentrare nel procedimento pendente e far valere il credito litigioso.
Il provvedimento individua inoltre nella cessione del credito o nell’attribuzione ad un socio del diritto già azionato (con indicazione nella nota integrativa di bilancio), ulteriori attività che possono denotare la volontà del liquidatore di non rinunciare al credito litigioso, nonostante la cancellazione della società.
Ancora, secondo il Tribunale capitolino, sono da considerare non rinunciati tutti i crediti menzionati nel bilancio di liquidazione, in quanto la relativa iscrizione dimostra la volontà di perseguirli, volontà che è incompatibile con la rinunzia.
Il Tribunale di Roma pare pertanto mostrare un deciso favo per la successione dei soci nella titolarità delle posizioni attive facenti capo alla società, individuando talune condizioni al ricorrere delle quali dette posizioni sopravvivono all’estinzione della società.

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