Pillola di Societario-M&A n. 1
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20 Maggio 2020

Pillola di Societario-M&A n. 1

di MDA
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Clausola di mero gradimento: recesso ad nutum?

La presente pillola prende brevemente in esame una recente sentenza del 30 dicembre 2019, con cui il Tribunale di Milano si è pronunciato sulla controversa questione dei presupposti del diritto di recesso del socio di S.r.l., nel caso in cui nell’atto costitutivo o nello statuto sia prevista una clausola di c.d. ‘mero gradimento’, vale a dire una clausola che subordina il trasferimento della partecipazione al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, senza prevederne condizioni o limiti.

É questione assai dibattuta se il diritto di recesso spetti al socio solo in ragione della presenza di una clausola di siffatto tenore o se, invece, sia necessario che venga attivato in concreto il funzionamento della clausola, al cospetto di una proposta di acquisto proveniente dal terzo, cui venga impedito l’ingresso in società col diniego al trasferimento.
Secondo l’orientamento espresso dal Tribunale di Milano il socio di S.r.l. può recedere dalla società alla sola condizione della presenza nell’atto costituivo di una clausola di siffatto tenore, atteso che il diritto di recesso non è ‘condizionato al diniego del gradimento al trasferimento proposto dal socio’.
Ne consegue che, essendo il recesso legato alla sola presenza della clausola, il relativo diritto spetta al socio in ogni momento della vita della società.

L’orientamento espresso dal Tribunale di Milano è stato fatto proprio anche dal Tribunale di Roma, in un non lontano precedente (5 luglio 2011 n. 14501), mentre, secondo un diversa ricostruzione, accolta dal Tribunale di Firenze, con la sentenza 12 settembre 2017, n. 2851, la sola presenza di una clausola di mero gradimento non sarebbe sufficiente a consentire al socio di esercitare il recesso, spettando tale diritto solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui il gradimento venga in concreto negato.

Anche nella dottrina notarile non vi è concordia sul punto. Il Consiglio Notarile di Milano, mentre nella motivazione della massima n. 31 “Introduzione o rimozione di limitazioni alla circolazione delle partecipazioni di s.r.l.” ha affermato che il diritto di recesso maturerebbe al solo ricorrere della previsione statutaria, nella motivazione della massima n. 151 “Recesso in presenza di una clausola di mero gradimento nelle s.r.l. (art. 2469, comma 2, c.c.) ha evidenziato i pericoli insiti in tale interpretazione, che offrirebbe a tutti i soci, indiscriminatamente, la possibilità di recedere dalla società. Il Comitato Triveneto dei Notai, nell’Orientamento I.I.13, ha aderito all’opinione secondo la quale il recesso spetta solo “in seguito al diniego di gradimento”.

È lecito dunque domandarsi quali conseguenze potrebbero verificarsi, accedendo alla ricostruzione contenuta nel provvedimento del Tribunale di Milano.
Come si è detto, nelle società i cui statuti prevedano già una clausola di mero gradimento, ai soci di minoranza sarebbe offerta una facoltà di exit incondizionata, a prescindere dall’individuazione di un potenziale acquirente della partecipazione.
In ragione di tale eventualità, lo spazio per le clausole di mero gradimento negli statuti di S.r.l. potrebbe ridursi considerevolmente.
Da un lato, infatti, tale orientamento potrebbe disincentivare l’adozione delle clausole in esame, in quanto la legittimazione di un recesso ad nutum del socio entra potenzialmente in contrasto con le esigenze di conservazione dell’integrità patrimoniale della società.
Dall’altro lato, siffatte previsioni potrebbero essere eliminate dagli statuti che già le contemplano: tale rimozione non attribuirebbe il diritto di recesso in capo al socio che non ha consentito alla modifica statutaria, atteso che la disciplina della s.r.l. non contempla una previsione analoga all’art. 2437, comma 2, lett. b), che riconosce al socio il diritto di recesso in caso di rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni

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