Pillola di Lavoro n. 20
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04 Maggio 2021

Pillola di Lavoro n. 20

di MDA
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Il licenziamento del lavoratore in prova è precluso dal blocco dei licenziamenti?

Due recenti sentenza in tema di recesso esercitato nel periodo di prova durante il periodo di vigenza del “blocco dei licenziamenti” hanno fatto molto discutere: si è, infatti, diffusa l’idea che, secondo tali pronunce, debba ritenersi precluso, in costanza della previsione che vieta di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, anche il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova.
È, però, opportuno soffermarsi sulla particolarità di tali vicende per meglio comprendere la portata di tali statuizioni.
Nel primo caso, il (file:trib-milano.pdf text:Tribunale di Milano) è stato chiamato a giudicare della legittimità di plurimi licenziamenti individuali intimati nei confronti di lavoratori assunti a tempo determinato prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 18/2020, prima norma che conteneva la previsione del divieto di licenziamento. La datrice di lavoro intimava il licenziamento, asseritamente per mancato superamento della prova, con comunicazioni dal contenuto sovrapponibile, nei confronti di diciotto dipendenti.
In questo caso il Tribunale ha ritenuto sussistere, in considerazione delle circostanze del caso, la prova che il licenziamento fosse stato intimato non in ragione dell’esito negativo della prova, bensì allo scopo di recedere da una molteplicità di rapporti di cui la datrice di lavoro “non avrebbe potuto beneficiare, e che erano potenzialmente destinati a patire l’incerta regolazione del periodo emergenziale”.
Veniva quindi rilevato che il recesso per mancato superamento della prova fosse in realtà motivato da altre ragioni, quali la volontà di interrompere senza indugio i rapporti in essere, stante la situazione emergenziale.
Nel secondo caso, avanti al (file:20210325_Trib-Roma.pdf text:Tribunale di Roma) è stato promosso un giudizio di impugnazione di un licenziamento intimato durante il periodo di prova nei confronti di una lavoratrice assunta come Hotel manager dieci giorni prima della chiusura della struttura per il lockdown.
La datrice di lavoro non contestava che la prova avesse avuto, per le mansioni che potevano essere svolte, esito positivo; risultava, inoltre, che pochi giorni prima del licenziamento fosse stata inoltrata domanda di accesso al FIS anche per la lavoratrice, domanda successivamente ritirata per la mancanza dei requisiti di legge, ma da cui si evinceva la volontà datoriale di proseguire il rapporto di lavoro.
È sulla base di tali elementi che il Tribunale ha ritenuto raggiunta la prova che il licenziamento intimato alla lavoratrice in prova nascondesse, in realtà, un recesso per motivi economici.
Risulta, quindi, che in entrambi i casi si fosse in presenza di plurimi elementi di fatto tali da far presumere che i licenziamenti non fossero stati intimati per mancato superamento della prova, bensì per motivi estranei, da ricondursi, direttamente o indirettamente, alla disciplina emergenziale limitativa dei licenziamenti.
Tali pronunce rammentano, pertanto, che, anche nell’ipotesi in cui il licenziamento venga formalmente intimato per mancato superamento del periodo di prova, il lavoratore può dimostrare l’esistenza di una diversa motivazione alla base del recesso e, nella fattispecie, la sussistenza di un motivo illecito; va però evidenziato che, secondo consolidata giurisprudenza, di cui fanno applicazione anche le menzionate sentenze, è il lavoratore ad essere onerato di fornire la prova di tale circostanza.

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