Fuga dalle criptovalute sotto la lente del Fisco
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04 Agosto 2022

Fuga dalle criptovalute sotto la lente del Fisco

di MDA
su Diritto e Rovescio
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L’incertezza che aleggia sul mondo delle criptovalute sta facendo desistere molti investitori che negli anni erano stati attratti dalla loro spirale virtuosa. Sta quindi aumentando il numero di coloro che cercano di sbarazzarsi dei propri portafogli digitali, temendo ulteriori erosioni nei prossimi mesi.

L’incertezza che aleggia sul mondo delle criptovalute sta facendo desistere molti investitori che negli anni erano stati attratti dalla loro spirale virtuosa. Sta quindi aumentando il numero di coloro che cercano di sbarazzarsi dei propri portafogli digitali, temendo ulteriori erosioni nei prossimi mesi.

Nel frattempo, il Governo ha “casualmente” abbassato la soglia oltre la quale le banche e gli altri intermediari finanziari sono obbligati a comunicare al Fisco tutte le operazioni di trasferimento monetario da o verso l’estero riguardanti persone fisiche, associazioni, enti non commerciali e società semplici.
In sostanza, superati i 5.000 euro (in precedenza la soglia era di 15.000 euro), anche attraverso più operazioni frazionate, gli estremi della transazione internazionale finiranno direttamente sul tavolo dell’Agenzia delle Entrate, la quale poi ne valuterà i profili di eventuale rilevanza fiscale.

Non a caso, però, tra le operazioni coinvolte dalla nuova stretta sul monitoraggio, figurano espressamente anche le valute virtuali: le stesse criptovalute che, sono state reputate sempre soggette a monitoraggio fiscale, a prescindere dalle modalità con cui esse siano detenute dal portatore.
Lo scenario più probabile è che i disinvestimenti di criptovalute che superano complessivamente i 5.000 euro finiscano sotto la lente del Fisco. In special modo se si considera che le valute virtuali sono spesso detenute in wallet presso un exchange straniero e che, comunque, a causa della loro difficile tracciabilità, gli intermediari finanziari segnaleranno tutti i disinvestimenti di criptovalute a prescindere dal luogo di precedente detenzione.

Così il contribuente che non abbia mai dichiarato il possesso di tali strumenti nell’apposito “quadro RW” della dichiarazione dei redditi (vale a dire lo spazio dedicato al monitoraggio degli investimenti e delle attività detenute all’estero) sarà costretto a pagare la relativa sanzione per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale e, in presenza dei relativi presupposti, ad assoggettare ogni eventuale guadagno alla tassazione separata del 26% prevista in tali casi.
D’altronde, prima dei chiarimenti offerti dall’Agenzia delle Entrate in molti sostenevano la tesi interpretativa secondo cui talune criptovalute, tra cui quelle detenute in wallet con disponibilità diretta di chiave privata, non dovessero soggiacere ad alcun obbligo di monitoraggio fiscale in quanto, in realtà, ubicate nello stesso Paese di residenza del loro titolare. Con le successive modifiche tuttavia, al contribuente non è più lasciato alcuno spazio interpretativo, rendendo sempre e comunque obbligatoria l’esposizione delle criptovalute nel citato quadro RW.

Resta da evidenziare che la nuova segnalazione prevista a carico degli intermediari finanziari per le operazioni superiori a 5.000 euro sarà retroattiva, includendo le transazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2021.

Coloro che hanno disinvestito le proprie criptovalute a partire dall’anno scorso hanno, dunque, un’unica possibilità: quella di regolarizzare le proprie eventuali omissioni dichiarative attraverso lo strumento del “ravvedimento operoso” prima che il Fisco, in seguito alla denuncia obbligatoria degli istituti finanziari, muova sicuramente loro ogni contestazione.

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