L’Europa dice stop alle rendite di posizione sulle concessioni balneari
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02 Settembre 2022

L’Europa dice stop alle rendite di posizione sulle concessioni balneari

di MDA
su Diritto e Rovescio
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E’ durata sedici anni la resistenza italiana al processo di liberalizzazione delle concessioni dei servizi balneari delle nostre spiagge voluta dall’Unione Europea.

E’ durata sedici anni la resistenza italiana al processo di liberalizzazione delle concessioni dei servizi balneari delle nostre spiagge voluta dall’Unione Europea.

Una lunga lotta di resistenza iniziata con l’entrata in vigore nel 2010 della Direttiva Bolkenstein e che, incurante delle innumerevoli pronunce dell’Autorità Garante della Concorrenza, di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 2016 (caso Promoimpresa), di due sentenze “gemelle” dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nel 2021, di una sentenza della Corte di Cassazione nel 2022, ed infine addirittura di una Lettera di Infrazione notificata dalla Commissione Europea al Ministro Di Maio il 3 Dicembre 2020, si è conclusa tra mille polemiche lo scorso 2 Agosto con la definitiva approvazione in Senato della Legge Delega sulla Concorrenza.

In realtà, il principio fondante della nuova legge sulle concessioni balneari di spiagge, laghi e fiumi è quanto di più semplice ed elementare un consumatore frequentatore di località balneari possa aspettarsi: la spiaggia è un bene pubblico al quale deve essere garantito libero accesso e la cui gestione deve essere affidata ad operatori selezionati con gara pubblica europea in base a trasparenti requisiti professionali.

La nuova legge, quindi, impone lo stop dalla fine del 2023 alle attuali concessioni (con la immancabile proroga all’italiana sino al 2024 per “oggettive ragioni”), il divieto di ulteriori proroghe automatiche, l’obbligo di gara pubblica europea per l’assegnazione delle concessioni con lotti frazionati per garantire l’accesso al mercato anche alle microimprese, il tetto massimo di concessioni in capo ad un solo operatore, il libero accesso alla battigia (con conseguente divieto di reti, recinti e servizi di security per impedirne l’accesso), l’indennizzo congruo a beneficio del gestore uscente ed a carico del gestore entrante per la perdita dell’avviamento e per il mancato ammortamento degli investimenti, la riforma dei canoni imposti ai concessionari -oggi spesso irrisori- e l’obbligo di un rapporto corretto tra tariffa proposta dal concessionario all’utenza e qualità del servizio erogato.

Illuminanti, a questo proposito, le motivazioni addotte dalla Commissione Europea per indurre il nostro paese alla novella legislativa: “l’attuale legislazione italiana –si legge nella Lettera di apertura di infrazione– impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico, rendendo di fatto impossibile l’ingresso di nuovi e innovatori fornitori di servizi ed impedendo alle comunità locali di ottenere un congruo corrispettivo dalla gestione del suolo pubblico da investire per servizi alle comunità locali a vantaggio dei cittadini”.

Argomenti solidi e limpidi, quelli usati dalla Commissione Europea, che hanno spazzato via le argomentazioni difensive addotte negli anni dai nostri rappresentanti istituzionali e datoriali, che trovavano fondamento nella presunzione dell’assenza del requisito della “scarsità di risorse” quale presupposto per contrastare l’obbligatorietà dell’assegnazione della concessione con gara pubblica europea. In altre parole –argomentavano in Europa i nostri rappresentanti- considerato che in Italia ci sono centinaia di chilometri di spiagge -e non si pone quindi il problema di garantire a più operatori l’accesso a ridotte risorse demaniali- le gare pubbliche europee possono essere limitate alle nuove concessioni mentre quelle precedenti possono rimanere, con qualche limitazione, in capo ai precedenti gestori. Tesi difensiva questa, invero assai fragile, soprattutto se comparata a ciò che accade ormai da anni nelle spiagge dei nostri principali partners europei confinanti. In Francia l’accesso alle spiagge ed il loro uso devono essere liberi e gratuiti ed il rilascio delle concessioni è subordinato ad una gara pubblica con durata massima di dodici anni.

Analogamente in Grecia l’assegnazione delle concessioni balneari avviene al termine di procedure di selezione concorsuali con la sola eccezione degli hotel fronte mare, che possono ottenere un’autorizzazione annuale. Obbligo di gara per l’assegnazione delle concessioni balneari anche in Portogallo, seppur calmierato da un diritto di prelazione in capo all’attuale gestore. In Spagna, infine, le spiagge sono definite “libere” e non possono nemmeno essere oggetto di concessione.

Ora la palla passa al prossimo Governo, chiamato ad un non facile compito di elaborazione dei decreti attuativi della nuova normativa, da adottarsi sotto il vigile controllo della Commissione Europea, essendo, come noto, la legge delega sulla concorrenza un elemento essenziale del PNRR.

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